La Sagrestia Vecchia

La Sagrestia Vecchia era la cappella funebre privata della famiglia Medici nel XV secolo, costruita da Filippo Brunelleschi tra il 1421 e il 1428 e decorata da Donatello a partire dal 1428-29. Per primi Donatello scolpì forse i tondi delle Storie di san Giovanni evangelista. Solo nel 1434, dopo la morte di Giovanni di Bicci e il ritorno di Donatello da Roma e di Cosimo de’ Medici dall’esilio di Padova, lo scultore riprese l’opera, che doveva essere conclusa nel 1439, quando la cappella fu sede di importanti cerimonie religiose, e in ogni caso erano tutti completi nel 1443, anno della partenza di Donatello per Padova.

Le opere certamente di Donatello, nella Sagrestia, erano otto medaglioni monumentali in stucco policromo (diametro di 215 cm, all’epoca paragonabili solo alle grandi vetrate delle basiliche), con le Storie di san Giovanni evangelista, patrono della cappella (Resurrezione di Drusiana, Martirio, Visione a Patmos e Ascensione) e quattro tondi con Evangelisti (Giovanni, Marco, Matteo e Luca), due soprapporte sempre in stucco (Santi Stefano e Lorenzo, Santi Cosma e Damiano) e due porte bronzee a formelle (Porta dei Martiri e Porta degli Apostoli).

Brunelleschi non fu contento dei lavori di Donatello alla sua Sagrestia: essi andavano a intaccare quell’essenzialità decorativa di cui si faceva promotore, inoltre non aveva gradito il non essere stato interpellato nemmeno per un parere: fu la fine dell’amicizia e della collaborazione tra i due geni del primo Rinascimento. L’opera di Donatello venne criticata per l'”eccessiva” espressività anche da Filarete, che in un passo del Trattato di Architettura (1461-1464) sconsiglia di fare figure di apostoli come quelle di Donatello nella porta della sagrestia di San Lorenzo, “che paiono schermidori”.

Annunciazione Cavalcanti

Nel 1435 circa eseguì l’Annunciazione per l’altare Cavalcanti di Santa Croce. L’opera segna una deviazione dal solenne e dinamico stile usuale di Donatello, che qui creò una scena di grande dolcezza e misurata bellezza.

La ricca ornamentazione dorata dell’edicola non influisce in alcun modo sulla calma concentrazione dell’incontro sacro. I due protagonisti, l’Angelo e la Vergine, sono ad altorilievo e sono rappresentati nel momento immediatamente successivo all’apparizione angelica. La Vergine è colta moderatamente di sorpresa ed ha una reazione controllata. La sua figura è modellata secondo gli ideali anatomici degli antichi, ma supera l’arte antica per espressività delle emozioni più profonde: Wirtz parla di “interiorità animata e spiritualità astratta”, che gli antichi non conoscevano. L’Angelo, inginocchiato al suo cospetto, la guarda timidamente e con dolcezza, stabilendo un serrato dialogo visivo che rende la scena straordinariamente leggera e viva.