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Giovinezza e formazione

Francesco Petrarca nacque il 20 luglio del 1304 ad Arezzo da Eletta Cangiani (o Canigiani) e da ser Petracco, entrambi fiorentini. Ser Petracco, notaio originario di Incisa, apparteneva alla fazione dei guelfi bianchi e fu amico di Dante Alighieri, esiliato da Firenze nel 1302 per l’arrivo di Carlo di Valois, apparentemente entrato nella città toscana quale paciere di papa Bonifacio VIII, ma in realtà inviato per sostenere i guelfi neri contro quelli bianchi.
La sentenza del 10 marzo 1302 emanata da Cante Gabrielli da Gubbio, podestà di Firenze, esiliava tutti i guelfi bianchi, compreso ser Petracco che, oltre all’oltraggio dell’esilio, fu condannato al taglio della mano destra.
Dopo Francesco, nacque prima un figlio naturale di ser Petracco di nome Giovanni, del quale Petrarca tacerà sempre nei suoi scritti e che diverrà monaco olivetano e morirà nel 1384; poi, nel 1307, l’amato fratello Gherardo, futuro monaco certosino.


La scoperta dei classici e la spiritualità patristica

Petrarca manifestò già durante il soggiorno bolognese una spiccata sensibilità letteraria, professando una grandissima ammirazione per l’antichità classica. Oltre agli incontri con Giovanni del Virgilio e Cino da Pistoia, importante per la nascita della sensibilità letteraria del poeta fu il padre stesso, fervente ammiratore di Cicerone e della letteratura latina.
Difatti ser Petracco, come racconta Petrarca nella Senile XVI, 1, donò al figlio un manoscritto contenente le opere di Virgilio e la Rethorica di Cicerone e, nel 1325, un codice delle Etymologiae di Isidoro di Siviglia e uno contenente le lettere di san Paolo.
In quello stesso anno, dimostrando la passione sempre crescente per la Patristica, il giovane Francesco comprò un codice del De Civitate Dei di Agostino d’Ippona e, verso il 1333, conobbe e cominciò a frequentare l’agostiniano Dionigi di Borgo San Sepolcro, dotto monaco agostiniano e professore di teologia alla Sorbona.
Dionigi regalò al giovane Petrarca un codice tascabile delle Confessiones, lettura che aumentò ancor di più la passione del Nostro per la spiritualità patristica agostiniana.
Dopo la morte del padre e l’essere entrato a servizio dei Colonna, Petrarca si buttò a capofitto nella ricerca di nuovi classici, cominciando a visionare i codici della Biblioteca Apostolica (ove scoprì la Naturalis Historia di Plinio il Vecchio) e, nel corso del viaggio nel Nord Europa compiuto nel 1333, Petrarca scoprì e ricopiò il codice del Pro Archia poeta di Cicerone e dell’apocrifa Ad equites romanos, conservati nella Biblioteca Capitolare di Liegi.


L’incontro con Giovanni Boccaccio e gli amici fiorentini

Tra il 1350 e il 1351, Petrarca risiedette prevalentemente a Padova, presso Francesco I da Carrara.
Qui, oltre a portare avanti i progetti letterari delle Familiares e le opere spirituali iniziate prima del 1348, ricevette anche la visita di Giovanni Boccaccio (marzo 1351) in veste di ambasciatore del Comune fiorentino perché accettasse un posto di docente presso il nuovo Studium fiorentino.
Poco dopo, Petrarca fu spinto a rientrare ad Avignone in seguito all’incontro con i Cardinali Eli de Talleyrand e Guy de Boulogne, latori della volontà di papa Clemente VI che intendeva affidargli l’incarico di segretario apostolico.
Nonostante l’allettante offerta del pontefice, l’antico disprezzo verso Avignone e gli scontri con gli ambienti della corte pontificia (i medici del pontefice e, dopo la morte di Clemente, l’antipatia del nuovo papa Innocenzo VI) indussero Petrarca a lasciare Avignone per Valchiusa, dove prese la decisione definitiva di stabilirsi in Italia.