Venere e Marte

È una lettura essenzialmente in chiave filosofica quella invece proposta per un’altra allegoria raffigurante Venere e Marte, distesi su un prato e circondati da un gruppetto di satiri giocherelloni; la fonte d’ispirazione di Botticelli sembra ragionevolmente essere il Symposium di Ficino, in cui si sosteneva la superiorità della dea Venere, simbolo di amore e di concordia, sul dio Marte, simbolo di odio e discordia (era infatti il dio della guerra per gli antichi).

I satiri sembrano tormentare Marte disturbando il suo sonno, mentre ignorano del tutto Venere, vigile e cosciente; questa scena sarebbe la figurazione di un altro degli ideali cardine del pensiero neoplatonico, ossia l’armonia dei contrari, costituita dal dualismo Marte-Venere, anche se il critico Plunkett ha messo in evidenza come il dipinto riprenda puntualmente un passo dello scrittore greco Luciano di Samosata, in cui viene descritto un altro dipinto raffigurante Le nozze di Alessandro e Rossane. L’opera potrebbe dunque essere stata realizzata per il matrimonio di un membro della famiglia Vespucci, protettrice dei Filipepi (come dimostrerebbe l’inconsueto motivo delle api in alto a destra) e quindi questa iconografia sarebbe stata scelta come augurio nei confronti della sposa.

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