La Calunnia

Il vero “spartiacque” tra le due maniere però è la cosiddetta Calunnia eseguita tra il 1490 e il 1495, un dipinto allegorico tratto da Luciano, e riportato nel trattato dell’Alberti che alludeva alla falsa accusa rivolta da un rivale al pittore antico Apelle, di aver cospirato contro Tolomeo Filopatore.

La complessa iconografia riprende anche stavolta fedelmente l’episodio originale e la scena viene inserita all’interno di una grandiosa aula, riccamente decorata di marmi e rilievi e affollata di personaggi; il quadro va letto da destra verso sinistra: il re Mida (riconoscibile dalle orecchie d’asino), nelle vesti del cattivo giudice, è seduto sul trono, consigliato da Ignoranza e Sospetto; davanti a lui sta il Livore, l’uomo con il cappuccio nero e la torcia in mano; dietro a lui è la Calunnia, donna molto bella e che si fa acconciare i capelli da Perfidia e Frode, mentre trascina a terra il Calunniato impotente; la vecchia sulla sinistra è la Penitenza e l’ultima figura di donna sempre a sinistra è la Verità, con lo sguardo rivolto al cielo, come a indicare l’unica vera fonte di giustizia.

Nonostante la perfezione formale del dipinto, la scena si caratterizza innanzitutto per un forte senso di drammaticità; l’ambientazione fastosa concorre a creare una sorta di “tribunale” della storia, in cui la vera accusa sembra essere rivolta proprio al mondo antico, dal quale pare essere assente la giustizia, uno dei valori fondamentali della vita civile.

È una constatazione amara, che rivela tutti i limiti della saggezza umana e dei principi etici del classicismo, non del tutto estranea alla filosofia neoplatonica, ma che qui viene espressa con toni violenti e patetici, che vanno ben oltre la semplice espressione di malinconia notata sui volti dei personaggi delle opere giovanili di Botticelli.

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